IL DIFFICILE VIAGGIO NEL COVID

di Mirco Tonin

La pandemia ci ha scagliato, nostro malgrado, in una realtà completamente nuova, un mondo dove si discute quotidianamente di indice Rt, di specificità dei test, di efficacia vaccinale. Per la quasi totalità delle persone si tratta di concetti completamente nuovi e di non facile comprensione, sulla base dei quali, tuttavia, siamo chiamati a prendere delle decisioni che hanno conseguenze molto importanti, per noi stessi e per chi ci sta vicino.

Centrale in queste circostanze è la nostra capacità di valutare il rischio, capacità che anche nelle migliori condizioni lascia molto a desiderare, figuriamoci poi quando, come in questo momento, ci si trova sottoposti a forte stress e a messaggi in continua evoluzione e troppo spesso discordanti tra loro riguardo all’andamento della pandemia e alle misure per contrastarla.

L’istituto provinciale di statistica ha pubblicato i risultati di una indagine da cui emerge come, in effetti, la metà della popolazione altoatesina consideri le restrizioni e le raccomandazioni delle autorità riguardo al Covid19 di difficile comprensione. I due terzi della popolazione ritengono inoltre piuttosto improbabile contrarre il virus e un altoatesino su sei non crede nei vaccini, con una diffidenza più accentuata tra la popolazione di madrelingua tedesca.

È un fatto assodato che per la mente umana non sia facile comprendere appieno i dati statistici, mentre abbiamo la tendenza a costruirci una narrazione su come funziona il mondo basata su storie che attraggono la nostra attenzione e che sentiamo vicine a noi, anche se magari si tratta di fatti episodici, aneddoti scarsamente rappresentativi della realtà. Così, quando leggiamo che un bolzanino a Mosca ha fatto lo Sputnik e sta benissimo, tendiamo naturalmente a pensare che il vaccino russo sia sicuro, ma ovviamente i farmaci non si valutano attraverso storie, ma tramite i test clinici, che però a causa dell’aridità dei numeri ci risultano spesso difficili da assorbire.

La pandemia ha anche reso evidente al grande pubblico il processo per «tentativi ed errori» con cui si generano le conoscenze scientiche. Questo ha forse rappresentato una delusione per chi aveva della scienza (e degli scienziati) una ingenua visione oracolare, ma, per parafrasare lo statista inglese, il metodo scientico è il peggior modo per creare conoscenza, eccezion fatta per tutti gli altri.

Oltre alla crisi sanitaria ed economica, stiamo vivendo anche una crisi cognitiva, in cui si fatica a comprendere quello che accade, e chi ha ruoli di responsabilità dovrebbe farsene carico, spiegando con trasparenza le ragioni del proprio agire, senza l’arroganza di chi pensa che i cittadini debbano solo eseguire.

Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige il 1 aprile 2021

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