Cosa ci lascia Alberto Alesina

di Federico Boffa e Giacomo Ponzetto

Molti dei più grandi economisti, e dei grandi pensatori più in generale, hanno un tratto in comune. Quando leggiamo i loro scritti recenti, ci aprono la mente e ci forniscono nuove idee o nuovi punti di vista a cui non avevamo mai pensato prima. Quando invece leggiamo i loro scritti di venti o trent’anni fa, ci pare che dicano cose assodate, quasi ovvie. Entrambe le reazioni ne testimoniano la grandezza. Da una parte, questi grandi pensatori capiscono prima e meglio degli altri quello che succede nella società. Dall’altra, la loro ricerca è così influente da plasmare, nel tempo, il modo in cui tutti guardiamo alla realtà. Alberto Alesina era indubbiamente uno di questi grandi.

Professore a Harvard, non ha mai perso l’attaccamento all’Italia. Lo testimoniano i lunghi e frequenti periodi che trascorreva nel nostro paese, spesso ospite alla Bocconi, università presso la quale si era laureato. Lo certificano anche i suoi autorevoli e appassionati editoriali sul Corriere della Sera, spesso in coppia con Francesco Giavazzi. Interventi che noi economisti abbiamo commentato, discusso e interpretato come se fossero encicliche; e che hanno avuto un impatto decisivo sul dibattito di politica economica degli ultimi vent’anni, ed una concreta siappur insufficiente influenza positiva sulle scelte dei nostri governi.

Persona di grande creatività e formidabile intuito, Alesina è stato fra i primi a rendersi conto che le politiche economiche non possono prescindere dai vincoli di natura politica. Un governo difficilmente metterà in atto misure di politica economica, ancorché utili o persino necessarie, se queste non godono del consenso popolare: lo indebolirebbero, e ne ridurrebbero la probabilità di sopravvivenza. Partendo da questa considerazione, Alesina è stato tra i fondatori della disciplina della political economy, o analisi economica delle scelte politiche.

I suoi contributi scientifici sono stati numerosissimi e decisivi in molti campi d’applicazione. Fra di essi, temi che rimangono di grande attualità per il nostro paese. Quello del bilancio pubblico, in cui ha evidenziato la tentazione dell’uso strategico del debito pubblico a fini politici, ed i gravi costi macroeconomici che ne conseguono. Quello delle riforme strutturali, di cui ha studiato la difficoltà e gli effetti redistributivi, sottolineando l’esigenza di ridurre la spesa corrente anziché aumentare le tasse o tagliare gli investimenti pubblici. Quello della politica monetaria, in cui ha contribuito a chiarire l’importanza dell’indipendenza della banca centrale, ed il valore dell’unione monetaria nell’ottenerla, anche al costo di sacrificare un’utile flessibilità. Quello della dimensione geografica dei governi, in cui ha studiato la dimensione ottimale degli Stati e delle unioni supranazionali come l’Unione Europea.

Un tema costante della ricerca di Alesina è stata l’attenzione alla disuguaglianza ed ai conflitti politici che ne conseguono: disuguaglianza economica, certamente; ma anche geografica, ideologica, etnica, culturale. È stato un pioniere nello studiare le caratteristiche delle comunità in cui vivono le persone, e delle modalità con cui esse interagiscono, come determinanti dello sviluppo. Da questo ha tratto, per esempio, implicazioni sui rapporti tra migrazione, disuguaglianza e welfare state.

Con la sua attività non soltanto di geniale ricercatore, ma anche di generoso insegnante e di limpido divulgatore ed editorialista, Alesina ci ha lasciato lezioni assolutamente preziose, specialmente in questi tempi. Per esempio, che stimolare l’economia aumentando il debito pubblico è una strategia rischiosa, da usare raramente, in maniera trasparente ed imparziale e con precisi vincoli sul lato della spesa. Più in generale, che lo stato ha un ruolo importante nel favorire lo sviluppo e il benessere; ma importante non significa necessariamente vasto: anzi, è auspicabile che sia circoscritto da regole rigorose, molto chiare e condivise e rispettate da tutti.

Come per ogni perdita prematura, c’è una sensazione di sgomento fra gli economisti per la morte inattesa di Alberto Alesina. Ricordarne gli insegnamenti, e tradurli nella politica economica, non sarà soltanto un omaggio che potremo fare a lui, ma un favore che potremo fare all’Italia.

Da Alto Adige e Adige, 25 Maggio 2020

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