di Mirco Tonin
Dagli apprezzamenti volgari rivolti alle colleghe in ufficio ai femminicidi che si susseguono nelle cronache, la violenza di genere è presente nelle nostre società in mille forme. Per questo motivo anche le risposte debbono essere ad ampio spettro, spaziando dall’educazione alla repressione. Trattandosi di un fenomeno complesso e variegato, vi è però la necessità di verificare sempre cosa funziona nella pratica. Dopotutto, come diceva il poeta inglese, “ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia” e, spesso, misure che sulla carta sembrano promettenti, possono rivelarsi inefficaci o addirittura controproducenti quando si innestano in una società complessa e mutevole, di cui non sempre comprendiamo le dinamiche profonde.
Violenza di genere e serie TV: un esperimento
A questo scopo possono risultare utili anche le metodologie sviluppate dall’analisi economica, che cercano di valutare l’impatto effettivo delle misure messe in campo, stabilendo rapporti di causa-effetto. In ambito educativo, ad esempio, un lavoro del premio Nobel Abhijit Banerjee, con Eliana La Ferrara and Victor Orozco, mostra come una serie TV possa cambiare le attitudini anche verso la violenza domestica. Per farlo in maniera convincente utilizzano un esperimento randomizzato in Nigeria, per cui gruppi di giovani tra i 18 e i 25 anni vengono invitati alla proiezione di episodi di una serie che, per il gruppo di trattamento, includono anche la storia di una coppia sposata con un marito violento, mentre per il gruppo di controllo parlano di altro.
Dopo otto mesi dalle proiezioni, i giovani che hanno visto gli episodi che trattavano, ovviamente con tono negativo, la violenza domestica sono meno propensi a giustificare gli abusi all’interno di una coppia rispetto ai giovani che hanno invece visto la serie di controllo, e l’effetto è interamente dovuto ad una minore tolleranza verso gli abusi da parte dei giovani maschi.
Anche in questo ambito, dunque, le storie raccontate attraverso le immagini possono avere un impatto importante. Se questo è il caso, allora il film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani” diventa uno strumento utile nel contrastare la violenza di genere e, oltre allo straordinario successo nelle sale, ha senso favorirne ulteriormente la proiezione nelle scuole e in altri luoghi di aggregazione per contribuire al cambiamento nelle attitudini verso gli abusi sulle donne.
Violenza domestica e misure cautelari: le risposte degli economisti
Il cambiamento culturale, però, richiede tempo e non è necessariamente efficace su tutte le persone. Bisogna quindi attrezzarsi per proteggere le vittime nel miglior modo possibile. Un intervento nei casi di violenza domestica è l’arresto del partner violento. Si pone però la questione se questa misura sia o meno efficace, soprattutto per quanto riguarda il rischio di reiterazione del reato. Vi è infatti la concreta possibilità che successivamente all’arresto vi sia una ritorsione sulla vittima da parte del partner.
È per analizzare questo tipo di questioni che gli strumenti sviluppati dagli economisti possono rivelarsi particolarmente utili. Una analisi “ingenua” del fenomeno potrebbe infatti notare come i casi di violenza domestica a cui segue un arresto sono anche i casi in cui con maggiore probabilità la violenza si ripete, concludendo quindi che la misura è controproducente. L’ingenuità in questo ragionamento sta nel confondere una correlazione con un rapporto di causa-effetto. La correlazione potrebbe infatti emergere dal fatto che l’arresto, come è ovvio, avviene solitamente nei casi giudicati più gravi, e i casi più gravi sono anche quelli che hanno una maggiore tendenza a ripetersi. Ma non è l’arresto di per sé a causare la reiterazione. L’arresto potrebbe essere, al contrario, uno strumento utile a scoraggiare i partner violenti, ma la semplice correlazione non permettere di apprezzarlo.
Efficace o no? Che cosa dicono i dati
Per andare oltre la correlazione, Sofia Amaral, della Banca Mondiale, e vari coautori analizzano in un lavoro recente i dati derivanti da oltre 124,000 chiamate ai servizi di emergenza della regione inglese del West Midlands per casi di violenza domestica. Per determinare il nesso di causa-effetto, gli autori sfruttano il fatto che la propensione ad effettuare un arresto nei casi di violenza domestica varia tra i diversi agenti di polizia e che gli agenti di polizia mandati ad intervenire sono scelti volta per volta con una certa casualità. Analizzando con una metodologia adeguata una mole ingente di dati, gli autori riescono dunque a mostrare l’efficacia dell’arresto, sia nel ridurre la ripetizione della violenza nelle successive 48 ore dal primo episodio, attraverso la rimozione del violento, sia, e la cosa è meno scontata, nel diminuirne la reiterazione nei successivi 12 mesi.
Ovviamente è importante che a diminuire sia la violenza in sé e non, come sarebbe anche possibile, la propensione a denunciarla. Analizzando la gravità dei casi denunciati e la numerosità relativa delle denunce da parte della vittima o da parte di terzi, come ad esempio i vicini, gli autori dello studio mostrano come l’arresto riduca proprio gli episodi di violenza, stabilendone dunque l’efficacia.
Contrasto alla violenza di genere: occorre l’evidenza empirica
Altri lavori sul tema hanno mostrato, ad esempio, l’importanza di avere agenti di polizia donna o l’inefficacia di misure di protezione, come case protette per le vittime.
La violenza di genere è un argomento con una forte carica emotiva e la discussione sulle misure per contrastarla rischia di diventare rapidamente ideologica, come evidenziato dalla vicenda delle garanti per il progetto ‘Educazione alle relazioni’ del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Ancorare la discussione all’evidenza empirica e alla valutazione degli effetti può contribuire a ridurre questi contrasti e, cosa infinitamente più importante, può contribuire a far implementare gli strumenti più efficaci. Questo lo dobbiamo alle tante, troppe vittime, a quelle che tragicamente finiscono nelle cronache e a quelle che restano invisibili.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore Econopoly il 12 dicembre 2023