di Mirco Tonin
Con l’inizio dell’anno scolastico ritornano in primo piano temi importanti come il reclutamento dei docenti, le materie, i metodi di insegnamento e l’adeguatezza delle strutture. Si parla poco di un fattore forse meno tangibile, ma non trascurabile: le aspettative riguardo ai risultati degli studenti. È importante — e quanto — che i ragazzi si sentano spronati da genitori e insegnanti a fare bene? Qual è il grado d’incidenza dell’ambizione delle famiglie nei risultati scolastici?
Quanto simili considerazioni risultino cruciali è dimostrato da uno studio appena pubblicato da Naci Mocan e Han Yu, analizzando la credenza — diffusa in Cina — che i bambini nati nell’anno del Drago, secondo il calendario lunare, siano destinati ad avere successo nella vita. Si tratta dell’equivalente del segno zodiacale, su base annuale invece che mensile. La ricerca mostra come tali alunni abbiano performance migliori, in termini sia di voti, sia di risultati nel test di ammissione all’università e di probabilità di ottenere una laurea, rispetto a quelli nati sotto un diverso segno zodiacale. Non si tratta, ovviamente, del risultato della luna nello Scorpione o di qualche altra fortunata combinazione astrale. Più prosaicamente, il fatto che le famiglie siano convinte, per pura superstizione, che un particolare figlio avrà successo le porta a immaginare maggiori aspettative su di lui, a essere maggiormente coinvolte e a investire, in termini di tempo e denaro, nella sua educazione. Ciò poi si riflette negli esiti finali, in un certo senso validando una credenza basata sul nulla, che tenderà quindi a persistere. Il meccanismo agisce a vari livelli: se si fa passare, in maniera esplicita o implicita, il messaggio che certe materie — come ad esempio la matematica o le scienze — siano in qualche modo «maschili», mentre altre, come le lingue o la letteratura, siano «femminili», si rischia di incoraggiare gli alunni a conformarsi alle aspettative, rinunciando così a sviluppare le inclinazioni individuali. Ciò può avere poi conseguenze importanti sulla scelta del percorso di studi, quindi sul mercato del lavoro. Visto che ambizione e aspettative non sono distribuite in maniera eguale, la società dovrebbe — oltre a fornire strutture e personale educativo adeguato — assicurarsi che nessuno venga classificato, magari come un «fallimento», prima di aver avuto la possibilità di esprimere il proprio potenziale.
Articolo pubblicato originariamente su Corriere dell’Alto Adige e Corriere del Trentino il 6 settembre 2017
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