Quando la paga è insufficiente

di Mirco Tonin

Nella relazione della Caritas su «L’altro Alto Adige» colpisce la crescita di situazioni di difficoltà tra i giovani. Si tratta di un fenomeno che si osserva anche a livello nazionale. L’indagine di Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane pubblicata la settimana scorsa evidenzia un forte aumento del rischio di povertà tra le famiglie con capofamiglia giovane, con un’incidenza che sale dal 22,6% del 2006 al 29,7% nel 2016 per la fascia fino a 35 anni, e dal 18,9 al 30,3% per la fascia dai 35 ai 45 anni. Di converso, per gli oltre sessantacinquenni l’incidenza è calata dal 20,2 al 15,7%.
Si tratta di un fenomeno preoccupante, dovuto a uno Stato sociale poco interessato alle nuove generazioni e a un mercato del lavoro difficile, per gli under 30 e non. Il sistema di welfare italiano è infatti fortemente orientato verso le pensioni, che rappresentano circa il 17% del prodotto interno lordo, il livello più alto in Europa con l’eccezione della Grecia. La spesa per gli altri ambiti — inerenti famiglie, bambini o disoccupati — passa quindi in secondo piano. Riguardo al comparto occupazionale, la relazione della Caritas sottolinea come molte persone che chiedono un sostegno in realtà percepiscano una busta paga, ma lo stipendio non è sufficiente. Si tratta del fenomeno dei «working poors» esaminato di recente in un convegno promosso da Afi-Ipl.
Come affrontare, allora, una simile situazione? Cambiare le politiche è ovviamente utile, ma altrettanto fondamentale è assicurarsi che le regole esistenti siano applicate in maniera corretta. Uno studio di Andrea Garnero, economista dell’Ocse di Parigi, mostra come una percentuale consistente di persone in Italia, il 10% circa, sia pagato in media il 20% in meno dei minimi settoriali stabiliti dai contratti collettivi. Una situazione particolarmente diffusa in agricoltura, con un’incidenza del 32%, e in hotel e ristoranti, con il 21%, quindi in due settori molto importanti in regione. In Trentino-Alto Adige la percentuale di occupati retribuiti al di sotto del minimo si colloca tra il 7 e il 9%, in linea con le altre regioni del Nord Italia. Tali lavoratori ricevono tuttavia in media circa il 25% in meno del minimo, percentuale tra le più alte in Italia. Che ci sia anche questo dietro la fotografia scattata dalla Caritas? Un interrogativo a cui politica e parti sociali dovrebbero dare una risposta.

 

Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige il 21 marzo 2018

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