di Federico Boffa (da Alto Adige, 22 dicembre 2023)
Tasse sul possesso di asini, sulle opere di irrigazione, sulla cera d’api, sull’uso degli archivi: non sono, per fortuna, novità previste dalla legge di bilancio, ma alcuni dei tributi con cui si finanziava l’impero romano. Ce ne erano molti altri: la tassa di Vespasiano sugli orinatoi, da cui il celebre proverbio pecunia non olet, non è che uno dei tanti esempi. Il sistema fiscale, allora come oggi, non ha mai brillato per generalità, ma ha sempre previsto tanti casi particolari ed eccezioni: sia dal punto di vista del prelievo che dal punto di vista delle esenzioni. Gli imperatori romani accordavano esenzioni e agevolazioni fiscali sulla base di diversi criteri: quello professionale, a favore di particolari mestieri (ad esempio, medici, produttori di armi e professori); quello geografico, a beneficio degli abitanti di particolari città; quello individuale, a vantaggio di famiglie o persone specifiche. Le Vestali, ad esempio, godevano di privilegi fiscali significativi: lo attesta il ritrovamento, durante i lavori di adeguamento della banchina del porto commerciale di Porto Torres del 2007, di un’epigrafe contenente una cosiddetta tabella immunitatis, nella quale si esentava la nave di proprietà della vestale Massima Flavia Publicia dal pagamento dei dazi doganali sulle merci trasportate (il cosiddetto portorium).
Perché gli imperatori, e prima di loro verosimilmente diversi altri governanti, garantivano quest’ampia gamma di eccezioni fiscali? Probabilmente per un mix fra ragioni di meritorietà di certe persone o professioni (per esempio, i medici), e motivi di creazione o di ampliamento del consenso in particolari settori della popolazione. Il consenso serviva agli imperatori romani, pur in una forma di governo evidentemente non democratica. E serve, forse a maggior ragione, ai politici delle democrazie occidentali di oggi per rendere più probabile la loro rielezione.
Oggi come allora, infatti, le esenzioni fiscali, che in termine tecnico si chiamano tax expenditure o spese fiscali, hanno una grande importanza in tutti i Paesi occidentali. Anzi, se guardiamo al caso italiano, il loro numero e il loro peso è aumentato negli ultimi anni. I dati ministeriali contenuti nel Rapporto Annuale sulle Spese Fiscali 2022 del MEF mostrano chiaramente la progressione. Nel 2017 le agevolazioni erariali erano 466 e comportavano un minor gettito di circa 47 miliardi. Nel 2022, erano 626, con un minor gettito di circa 83 miliardi. E l’Italia non è un caso isolato: secondo il database OCSE, le tax expenditures in Repubblica Ceca ammontano addirittura a circa il 10% del PIL. Chi sono le “nuove vestali”? si va dall’ecobonus, al sisma bonus, al bonus tende da sole, al bonus mobili e grandi elettrodomestici, solo per citarne alcuni. Oggi come allora, le esenzioni fiscali rispondono a molteplici obiettivi, che spesso si mescolano negli interventi: criteri di equità e giustizia redistributiva, criteri di meritorietà degli obiettivi, nonché – spesso – criteri di creazione del consenso.
Un sistema fiscale basato su bonus ed esenzioni è più opaco, più complicato e tendenzialmente più iniquo (pensiamo ai cosiddetti click day, in cui l’ottenimento di un bonus è legato alla rapidità sulla tastiera del computer) rispetto a un sistema basato su regole generali. Allo stesso tempo, è anche più soggetto a manipolazioni, che, privilegiando il calcolo politico su ragioni di efficienza, in ultima analisi vanno a incidere negativamente sul sistema economico e, a cascata, sul tenore di vita della popolazione. Come cambiare rotta? Un modo radicale è quello di eliminare, o quanto meno radicalmente razionalizzare e ridurre, la selva di agevolazioni e bonus. Un approccio alternativo consiste nella creazione di uno “zainetto di agevolazioni”, oggetto di una proposta elaborata da Giuseppe Russo e dal Comitato Scientifico del Centro Einaudi di Torino (www. Centroeinaudi.it). Il meccanismo è relativamente semplice. I contribuenti accumulano negli anni crediti di imposta, in funzione dell’ammontare versato (la funzione non è necessariamente lineare, così da poter non privilegiare i contribuenti con reddito più elevato); li possono poi utilizzare nell’arco della vita, scegliendo, a questo punto, all’interno di un ampio ventaglio di agevolazioni, esenzioni e servizi, che il legislatore ritiene meritevoli di essere inseriti nell’elenco, fino a esaurimento del credito. Questo approccio “a menù” preserva le agevolazioni, ma le rende più flessibili e più adatte alle esigenze di ognuno. Dà infatti al contribuente la libertà di scegliere quali agevolazioni utilizzare e quando. Ripensare al sistema di agevolazioni fiscali è indispensabile in momenti di ristrettezze di bilancio è indispensabile per mantenere un bilancio pubblico sano. Lo “zainetto”, se otterrà il consenso di ampi strati della popolazione, potrebbe