di Federico Boffa e Francesco Ravazzolo
L’epidemia sta mettendo a dura prova la tenuta delle imprese, che in molti casi stanno affrontando seri problemi la liquidità. Di questo occorre ora tenere conto, nell’elaborare le strategie per la gestione della ripartenza. Coniugare le esigenze sanitarie con le impellenti esigenze economiche, specialmente in un Paese con una struttura industriale già fragile, sarà una sfida complessa.
L’impatto negativo del lockdown varia indubbiamente da settore a settore. Particolarmente esposte sono, ad esempio, le imprese che operano all’interno di filiere internazionali, come ad esempio quelle dell’automotive, che rischiano di venire rimpiazzate da imprese situate in aree meno colpite. Così come danni di proporzioni gigantesche avranno le imprese nei settori che richiedono la mobilità delle persone, fra i quali, naturalmente il turismo, che probabilmente richiede degli interventi specifici, ad hoc. Altri settori, in cui é invece possibile organizzare l’attività in modalità di smart working, potrebbero subire effetti minori.
In questa situazione di differenze, uno dei pochi aspetti comuni ai diversi settori é il problema della scarsa liquidità. Molte imprese rischiano di non poter ripartire non perché non siano sane dal punto di vista economico, ma perché non riescono ad esigere i crediti che vantano nei confronti dei propri clienti. Fallire per problemi di liquidità in una situazione simile non è soltanto inaccettabile in una prospettiva di equità, ma è anche terribilmente inefficiente dal punto di vista economico. Questo per due ragioni. Primo: il fallimento è legato a circostanze auspicabilmente transitorie. Secondo: fallirebbero, per ragioni puramente finanziarie, imprese sane. Di conseguenza, si disperderebbero significative conoscenze, capitale umano e potenzialità di creazione di valore aggiunto futuro, con effetti anche sulla crescita e sul benessere di lungo periodo.
Che fare? Le recenti discussioni in sede europea indicano una difficoltà nel pervenire a un consenso sull’adozione di misure fiscali comuni, quali i Coronabond. Occorre quindi concentrarsi su interventi di politica monetaria, in relazione ai quali la Banca Centrale Europea ha mostrato disponibilità. Una strada percorribile ed efficiente, simile a quella adottata in Germania, può consistere nel fornire garanzie pubbliche sui crediti nei confronti dei clienti vantati dalle imprese, di qualunque dimensione. Le banche commerciali potrebbero così girarle alla BCE, che fornirebbe liquidità agli attuali bassi (addirittura negativi) tassi di interesse: non aumenterebbero, in questo modo, le passività delle banche commerciali.
Chi potrebbe fornire queste garanzie? Come osservato da molti commentatori, il governo centrale, forse indebolito anche da contrasti interni, ha al momento difficoltà a muoversi in modo incisivo e tempestivo. D’altronde, in queste fasi, l’azione del governo centrale ha un limite strutturale, che cioè le norme che emana devono applicarsi all’intero territorio nazionale, caratterizzato da una pluralità di realtà economiche molto diverse fra loro. Potrebbe essere indispensabile, quindi, un ruolo attivo delle province autonome di Trento e Bolzano, che, beneficiando dell’autonomia finanziaria di cui godono, potrebbero agire con efficacia e raziocinio.
La garanzia provinciale sui crediti vantati avrebbe un triplice ordine di vantaggi rispetto a diverse altre misure proposte o realizzate in questa fase. In primo luogo, sarebbe un intervento ad ampio spettro, neutrale, che non andrebbe ad incidere sulla struttura produttiva della provincia, né sulla concorrenza: per questi motivi, non si tratterebbe di aiuto di Stato. Inoltre, il meccanismo di cessione dei crediti alla BCE incoraggerebbe le banche commerciali all’emissione di maggiori prestiti nel breve e medio termine, con un effetto leva in grado di generare ricadute fortemente positive sulla crescita. Infine, se, come auspicabile, avesse successo, la garanzia non verrebbe mai escussa, e quindi il costo dell’operazione sarebbe modesto. L’aspetto del costo è particolarmente importante. Questa crisi ci ha infatti posto di fronte all’evidenza che l’elevato debito pubblico prima o poi si paga: quando ripartiremo, sarà opportuno che tutti i decisori politici tengano conto dei costi delle politiche che implementano.
Da Alto Adige, 16 Aprile 2020