di Mirco Tonin
In momenti di crisi come questo emergono con maggiore evidenza i punti di forza e di debolezza di una società. La capacità di fare fronte alla diffusione del coronavirus e alle sue conseguenze dipende da fattori quali la qualità del sistema sanitario, la preparazione della protezione civile, l’efficienza dei processi decisionali e, più in generale, dalle attitudini e dai valori della cittadinanza.
Un elemento di forza forse meno ovvio è rappresentato dai diritti dei lavoratori. Questo è quanto emerge da un lavoro di Nicolas Ziebarth, della Cornell University a New York, e di Stefan Pichler, giovane ricercatore originario di Bolzano ed ex studente di economia alla Libera Università, che ora lavora all’ETH di Zurigo.
Lo studio utilizza dati da Stati Uniti e Germania e mostra come la presenza dell’indennità di malattia, ovvero il diritto a ricevere un reddito in caso di assenza dal lavoro per malattia, riduca la diffusione di patologie contagiose come l’influenza.
In paesi in cui una parte rilevante dei lavoratori non ha questo diritto, come ad esempio gli Stati Uniti, molte persone vanno al lavoro anche se malate, contribuendo al contagio tra la popolazione.
Si parla spesso di «assenteismo», ma esiste anche un «presenteismo», dovuto alla mancanza di adeguate garanzie sociali, che ha delle conseguenze negative non solo per l’individuo, ma anche per la società nel suo complesso. Un adeguato sistema di previdenza sociale non è quindi solo una misura di giustizia ed equità, ma rappresenta anche un investimento che contribuisce a rafforzare la resilienza di un sistema sociale.
Rispetto ad altri paesi l’Italia da questo punto di vista è molto meglio attrezzata, ma i fenomeni di precarizzazione del lavoro in atto da tempo possono incrinare questa metaforica difesa immunitaria.
In tema di difesa dal contagio, Jerome Adda, professore di economia alla Bocconi, ha studiato dati molto dettagliati riguardo alla diffusione di malattie infettive in Francia. Sfruttando il fatto che le vacanze scolastiche variano a livello regionale, ha mostrato come la chiusura delle scuole riduca la propagazione dell’influenza, con effetti positivi non solo sui bambini ma anche sugli adulti, stimando che una chiusura di due settimane possa ridurre l’incidenza annua di circa il 12%. Un’analisi costi-benefici mostra come un simile provvedimento sia giustificato nel caso di una malattia infettiva con una mortalità almeno doppia rispetto alla normale influenza. Tale analisi, seppur riferita a un contesto diverso, sembra dunque supportare quanto deciso dal governo italiano.
Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige e sul Corriere del Trentino il 6 marzo 2020.
Interessante analisi. Io vivo in UK dove gli “zero hour contract” sono molto diffusi (1 milione di lavoratori hanno questo tipo di contratto) soprattutto nei settori del commercio, intrattenimento ed altri. La crisi scatenata alla diffusione del Covid-19 ha fatto sì che questi lavoratori ora si trovano con un contratto di lavoro ma niente remunerazione dato che le aziende semplicemente non danno a loro ore di lavoro. In Italia invece la normativa sul lavoro impone salvaguardie maggiori per i dipendenti.
Il presenteismo questa parola struttura per indicare “dover lavorare”è tutelata in Italia grazie al nostro sistema sanitario molto all’avanguardia , però questa imprevista epidemia ci ha reso immediatamente intimoriti , quasi fobici , e a questo sicuramente non eravamo preparati.
Grazie articolo interessante.