di Mirco Tonin
Con la prossima riapertura di scuole e asili dopo le vacanze estive è tornato in primo piano il tema delle vaccinazioni, con sanzioni per le famiglie non in regola. Le motivazioni dietro la scarsa copertura vaccinale sono complesse, ma un ruolo importante lo riveste la diffusione, anche attraverso i social media, di notizie false e allarmanti, le cosiddette «fake news».
Questo è quanto mostra una ricerca pubblicata di recente proprio sul caso italiano. Lo studio prende spunto dal grande clamore mediatico suscitato da una sentenza del giudice del lavoro di Rimini nel 2012 che aveva stabilito un nesso tra vaccinazione trivalente e autismo. Questa sentenza è stata poi ribaltata nel 2015 dalla corte d’Appello di Bologna, che ha riconosciuto l’inconsistenza di un nesso causale, ma ha avuto comunque delle conseguenze importanti. Lo studio parte rilevando come, a seguito della sentenza del 2012, vi sia stato un notevole aumento di interesse sull’argomento autismo e vaccinazione, come testimoniato dai dati circa le ricerche effettuata dagli utenti italiani su Google. Si mostra poi un calo evidente nella copertura vaccinale a partire dal 2012 e come siano le regioni italiane con più alta disponibilità di internet a banda larga, in cui dunque era più semplice navigare e cercare informazioni online, quelle ad aver mostrato il calo più pronunciato. In particolare, un 10% in più di copertura internet è associato ad una riduzione della copertura vaccinale post-2012 superiore all’1%.
Questi risultati mettono in evidenza il potere persuasivo delle «fake news» che, oltre ad essere utilizzate per influenzare l’orientamento politico e i risultati elettorali, incidono anche su scelte personali che possono avere conseguenze molto gravi per i propri cari e per la società nel suo complesso. La maggiore disponibilità di canali di comunicazione, rappresentata nello studio in questione dalla banda larga, non sempre rappresenta un beneficio, in quanto può esporre ad un groviglio informativo da cui è difficile districarsi. D’altro canto, l’episodio specifico sottolinea anche la difficoltà oggettiva che una persona non specialista di un dato ambito ha nel distinguere le informazioni corrette da quelle fuorvianti. Dopotutto, si trattava del pronunciamento di un giudice basato su uno studio che, seppur successivamente ritirato, inizialmente era apparso su una prestigiosa rivista scientifica.
La capacità di trovare risposte adeguate al fenomeno delle fake news è una delle sfide più importanti che le società aperte e connesse dovranno affrontare, ma si tratta, con tutta evidenza, di una sfida non facile.
Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige il 24 agosto 2019