di Mirco Tonin
In questi giorni di progressiva normalizzazione dell’attività economica, vi è una intensa discussione sulla ripresa dell’attività scolastica: dalle modalità di svolgimento delle lezioni a partire da settembre, alla possibilità di anticiparne l’inizio per almeno alcune fasce d’età, come gli asili nido. Vi è infatti una notevole preoccupazione circa gli effetti sull’apprendimento che l’emergenza può avere.
Una indicazione a riguardo può venire da studi che hanno guardato alle conseguenze della sospensione prolungata delle lezioni a causa di scioperi degli insegnanti, sebbene non sia un parallelo perfetto, data l’assenza di didattica a distanza. Uno studio recente sull’Argentina mostra come uno studente in media perda a causa di scioperi metà anno su un ciclo primario di sette anni. Sfruttando variazioni nel tempo e tra province nell’intensità degli scioperi, gli autori mostrano come ci sia un calo dei risultati scolastici che porta ad avere, tra i 30 e i 40 anni, un salario più basso e un maggior rischio di disoccupazione. Un deterioramento dei risultati scolastici viene trovato anche in uno studio su un’ondata di scioperi tra maggio e novembre 1990 nel sistema scolastico della parte francofona del Belgio.
Per recuperare almeno parzialmente il tempo di apprendimento, vi sono state delle proposte di utilizzare parte delle lunghe vacanze estive per attività scolastiche. Si tratta di proposte di difficile attuazione per varie ragioni pratiche, ma uno studio appena pubblicato ne mette in dubbio anche la possibile efficacia. Analizzando i risultati scolastici di oltre 10 milioni di studenti delle scuole superiori negli Stati Uniti emerge come questi diminuiscano con l’aumentare della temperatura. In particolare, una temperatura media più alta di 1°C durante l’anno scolastico riduce del 2% i risultati, con effetti già evidenti per temperature nell’ordine di 21-27°C. Temperature estreme hanno effetti molto forti, tanto che bastano sei giorni di scuola con temperature superiori a 32°C per ridurre l’esito dell’esame finale dell’1%. In presenza di impianti di climatizzazione l’effetto negativo viene fortemente ridotto, ma non sono molte le scuole italiane con tale dotazione.
Questo risultato porta l’attenzione su una crisi che non ha l’immediatezza della pandemia, ma che non possiamo permetterci di ignorare, ovvero la crisi climatica. Secondo i calcoli, un aumento della temperatura di 2°C comporterebbe, in assenza di contromisure, una diminuzione del rendimento scolastico del 7%, oltre a effetti in innumerevoli altri ambiti.
Quello che è successo in questi mesi non dovrebbe distrarre o, peggio, rappresentare una giustificazione per ridurre gli sforzi volti a mitigare la crisi climatica, dovrebbe anzi rappresentare uno stimolo a non farci trovare impreparati..
Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige l’8 maggio 2020