di Mirco Tonin
Che Bolzano sia una città costosa non è certo una novità. Secondo l’Osservatorio Prezzi del Ministero per lo Sviluppo Economico, a luglio un chilo di pane costava in media 5.42 euro nel capoluogo altoatesino, contro i 3.11 di Trento o i 4.17 di Milano. La storia è la stessa anche guardando ad altre categorie merceologiche, dal diesel al taglio capelli, e addirittura il prezzo delle mele risulta in media più alto. Questo fatto è ora di particolare attualità visto che a livello globale vi sono delle forti spinte inflazionistiche, che potrebbero condurre a una impennata dei prezzi nei prossimi mesi.
In Italia negli anni passati l’inflazione è stata contenuta, in alcuni periodi addirittura leggermente negativa. Anche a Bolzano, nonostante una tendenza all’aumento dei prezzi superiore, il dato annuo è comunque rimasto sotto il 2%. Negli ultimi mesi si sta però assistendo a incrementi a doppia cifra dei prezzi dell’energia. Oltre a rappresentare un bene essenziale, un aumento sostenuto nel tempo del prezzo dell’energia è particolarmente pericoloso in quanto rischia di innescare rincari generalizzati.
Come contenere questi rischi? Si sono lette di recente richieste di porre «un tetto ai prezzi» per i beni primari. A prima vista potrebbe sembrare una misura adeguata a evitare ripercussioni pesanti sulle famiglie a basso reddito. Si tratterebbe, tuttavia, al più di un palliativo. Il disequilibrio tra domanda e offerta andrebbe a scaricarsi sulla disponibilità dei prodotti. Questo fatto, inevitabilmente viene a creare difficoltà di approvvigiona mento e la necessità di razionare la domanda. Inoltre, si tratterebbe di una misura eccessivamente generalizzata, invece che mirata verso le famiglie in difficoltà. In questo simile alle misure che cercano di assorbire l’aumento dei prezzi attraverso una riduzione degli oneri fiscali che gravano su certi beni. Misure che pesano sul bilancio dello Stato, andando però a beneficiare anche categorie che non ne hanno particolarmente bisogno.
Al di là dei rischi immediati, il problema del costo della vita in Alto Adige è strutturale e va affrontato con misure organiche. In alcuni settori servirebbero azioni volte a incrementare l’offerta, in altri politiche per ridurre le rendite di posizione e aumentare la competizione. In ogni caso, aiuterebbe favorire la trasparenza riguardo ai prezzi e la capacità dei consumatori di orientarsi nel mercato, accrescendo ad esempio le conoscenze di base sui temi economici e finanziari. Ottobre, dopotutto, è proprio il mese dell’educazione finanziaria.
Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige il 24 ottobre 2021