di Mirco Tonin
Dall’indagine sull’ascolto radiotelevisivo degli altoatesini pubblicata dall’Astat emerge come vi sia una certa discrepanza nelle abitudini di consumo tra le varie classi di età. Non si tratta solo del tempo medio giornaliero di visione, che tende a essere nettamente più alto per gli ultrasessantenni o della visione via web, molto concentrata tra i minori di trent’anni. Vi è anche una differenza sostanziale riguardo ai contenuti: mentre il 94% delle persone anziane usa la tv per seguire il telegiornale, solo il 49% dei giovani lo fa lo, preferendo invece guardare film o serie televisive. Lo stesso per quanto riguarda la radio, con l’80% degli anziani che ascolta giornaliradio, mentre solo il 43% dei giovani lo fa, privilegiando di gran lunga musica.
Queste diverse abitudini hanno delle conseguenze importanti, anche per quanto attiene le scelte effettuate dai decisori politici. Coloro che ambiscono a essere rieletti — quindi la maggior parte — cercheranno infatti di strutturare le politiche pubbliche, riguardanti ad esempio il sistema di welfare, a tale scopo. Tenderanno perciò a beneficiare le categorie sociali che sono più propense a orientare il proprio voto in base ai benefici ricevuti. Per votare a favore di un politico che ha promosso una certa misura di cui si è destinatari, ecco qual è il punto cruciale, bisogna però essere aggiornati. Se, tuttavia, non ci si informa sui temi riguardanti le politiche pubbliche, come i giovani tendono a fare, evidentemente si riducono gli incentivi dei politici ad agire a favore della propria categoria.
Non si tratta di considerazioni teoriche. Uno studio sugli Stati Uniti ai tempi del New Deal mostra come le comunità con un numero minore di persone che ascoltavano la radio ricevevano minori fondi statali. Sfruttando il fatto che all’epoca la radio si stava progressivamente diffondendo e che la qualità del segnale variava a seconda delle caratteristiche geologiche e morfologiche del terreno, lo studio mostra come un aumento di un punto percentuale nella quota di famiglie che in una certa contea avevano accesso alla radio corrisponde a un aumento dei trasferimenti statali dello 0,6%.
Ci si lamenta spesso di come l’Italia non sia «un Paese per giovani» e del fatto che le politiche del welfare o del lavoro non siano particolarmente sensibili alle esigenze delle giovani famiglie. Le diverse abitudini nell’accesso all’informazione possono essere uno dei motivi.
Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige il 7 aprile 2018